Lo stravolgimento delle nostre vite che ha colpito tutti noi da ormai due mesi a questa parte, ci ha messo e continuerà a metterci alla prova sia da un punto di vista economico e sociale, sia, ovviamente, da un punto di vista psicologico. Questa situazione che ci ha travolti in maniera inaspettata, fa risuonare corde sensibili della nostra vita psichica e continuerà a farlo ancora, anche ora che piano piano ricominciamo a pensare ad una, seppur graduale, ripartenza, ripercuotendosi inevitabilmente sul nostro benessere personale.
Fino a questo momento ci siamo concentrati sul modo di proteggere il nostro benessere psicologico, curando il nostro tempo in casa, tenendo viva la nostra creatività, prendendoci cura di noi stessi, nutrendo la nostra mente, dedicando del tempo ad attività purtroppo prima messe da parte per via della quotidianità frenetica, riscoprendo valori non sufficientemente valorizzati fino ad un attimo prima. E questo dobbiamo continuare a farlo. Abbiamo e stiamo dunque affrontando un evento traumatico difficile, nei confronti del quale ci sentiamo per lo più impotenti o comunque con pochissime difese. Abbiamo quindi messo in atto l’unica difesa a nostra disposizione: restare a casa per far si che il virus fermasse la sua corsa.
Ci avviciniamo ora alla fase 2, che, pur non essendo un pieno ritorno alla normalità, ci proietta in una condizione in cui cominciamo a pensare ad una graduale ripartenza, e anche questa ci metterà alla prova da un punto di vista psicologico. In genere, dopo un evento traumatico e/o stressante, si possono presentare disturbi come ansia, insonnia, depressione, così come immagini intrusive che portano a rivivere le paure e le ansie provate durante l’evento traumatico. E’ assolutamente normale e fisiologico che la persona reagisca in questo modo, come è altrettanto normale che questa sintomatologia si risolva autonomamente con il tempo. Comunque sarebbe bene, specialmente se così non fosse ma non solo, richiedere un supporto psicologico per affrontare un tale periodo di transizione, come ad esempio questo attuale.
In ogni caso, dobbiamo tener presente che uno dei meccanismi che maggiormente mantiene la sintomatologia traumatica è l’evitamento; dopo l’evento traumatico ( in questo caso l’improvvisa comparsa di un nemico invisibile) è normale avere paura, anzi, direi che è anche fondamentale; se però, di fronte alla paura, mettiamo in atto dei comportamenti che non sono funzionali come l’evitamento, non permettiamo a questa emozione, sgradevole ma importante, di fluire e fare il suo corso. Oltre tutto, sforzarci per evitare di provarla, di sperimentarla ancora, darà sempre più importanza sia alla paura che allo scenario temuto. In altre parole, l’evitamento ci darà un’illusione di protezione , in realtà però ci costringerà a rinunciare a vivere, intrappolandoci in una rigidità psicologica che ci manterrà in uno stato di sofferenza, impedendoci di individuare soluzioni efficaci di risoluzione. Molti esperiranno ansia e paura nel riprendere le normali attività quando ci sarà concesso, per via della paura del contagio che non andrà via in maniera così repentina, paradossalmente si avrà il desiderio di rimanere in quello che fino a quel momento è stato il luogo sicuro, nonostante permanga il desiderio di uscire. Ma assecondare questo istintivo ma disfunzionale desiderio di protezione sarebbe come rinunciare definitivamente a vivere.
In questo momento è importante lavorare sulla consapevolezza che, seppure abbiamo attraversato gran parte della tempesta, questa è ancora in atto. Ciò non deve però bloccarci, ma deve darci la forza di passare ad uno step successivo della battaglia. In questo modo accetteremo la paura come emozione naturale, ma non ci faremo intrappolare da essa, anzi, ne sfrutteremo la forza. Così aumenteremo la nostra flessibilità cognitiva, utile all’individuazione di strategie di soluzione alternative che non mirino all’eliminazione dell’emozione spiacevole, bensì ad una gestione più funzionale della situazione nuova da affrontare. Quello che al momento siamo tutti chiamati a fare, è prendere atto della nuova situazione, accettando che la stessa ci mette di fronte ad emozioni spiacevoli, e lavorare per adeguare nuove abitudini al nuovo stato delle cose.
Non c’è dubbio che gli eventi traumatici hanno la capacità di dividere e fratturare la nostra vita nel giro di un secondo. L’evento semplicemente accade e tu, senza rendertene conto, rimani intrappolato dentro questa frattura temporale che divide il prima e il dopo. Questa frattura psichica rischia di accompagnare la vita delle persone e di spazzar via la possibilità di riprendere una visione unitaria della propria vita. Come fare quindi a ripristinare questa continuità? Sicuramente un passo alla volta. Dopo eventi traumatici e/o stressanti non riusciamo più tanto facilmente a proiettarci nel futuro, perché il cambiamento, dopo essere stati costretti a subirlo, spaventa. Pertanto dobbiamo allenarci a programmare il domani giorno per giorno, a piccoli passi, non andare troppo in la. Il trucco è non pensare a “tra un mese”, ma giorno dopo giorno. Vi accorgerete che , col tempo, sarete di nuovo in grado di proiettarvi più in la nel tempo.
Sicuramente si sa, i cambiamenti spaventano quasi sempre, ma sfuggirvi non ci esime dal doverli mettere in atto, né tanto meno dalla sofferenza, anzi. Quando siamo di fronte alla necessità di affrontare dei cambiamenti, esattamente come in questo momento, possiamo subirla sentendoci vittime o accettarla e dunque affrontarla. Subirla significa dare spazio alla frustrazione e alla sofferenza che in nessun modo avranno conseguenze positive, non faranno tornare alla condizione precedente, anzi, faranno sperimentare solo rabbia. Accettarla significa prenderne atto, accogliere le emozioni negative che inevitabilmente sperimenteremo, e andare avanti per trovare nuove strategie per affrontare la vita. Questa accettazione non è in alcun modo un processo passivo, bensì il contrario: adattarsi alle sempre diverse sfide della vita è la forza dell’essere umano, trovare nuove soluzioni a nuovi problemi è la capacità che ci ha portato fin qui nella storia dell’uomo, ed alla quale dobbiamo aggrapparci.
Voglio concludere con una frase che mi piace molto di un collega psicologo che dice ” controlla ciò che puoi, accetta tutto il resto”. Questo invito mi piace perché effettivamente di solito la gente fa esattamente il contrario: combatte e si lamenta di tutte quelle cose che sono al di fuori del nostro controllo, spreca tutte le energie a tale scopo senza ottenere nulla, e finisce per non avere ulteriori energie per lavorare su ciò che potrebbe controllare, ritrovandosi a dover accettare quello che poteva cambiare. Occuparci ora di combattere eccessivamente la paura, vuol dire combattere una parte vitale di noi stessi, oltre tutto rischiando di non utilizzare le energie necessarie a comprendere come agire in questa situazione nuova per tutti noi.