I moderni strumenti di comunicazione hanno molti aspetti positivi ma sono anche responsabili di risvolti negativi quali possono essere l’iperstimolazione che provoca problemi di concentrazione in assenza di un gran numero di stimoli e difficoltà di apprendimento a causa di un mancato allenamento della memoria.
Proprio come l’invenzione della ruota e della stampa, la produzione dell’elettricità o la catena di montaggio dell’automobile, per citare soltanto alcune rivoluzionarie innovazioni, le nuove tecnologie della comunicazione hanno segnato una svolta nella storia dell’umanità, e ci hanno regalato molti benefici.
La caratteristica di ogni tecnologia è prima di tutto quella di aiutare a guadagnare tempo. E’ vero, purtroppo, nel caso delle armi, cosi come nel caso di tutti gli elettrodomestici. L’idea è che il tempo conquistato grazie ai progressi tecnologici favorisca altre attività. Ma è davvero così?
Le nuove tecnologie della comunicazione hanno una particolarità: se da una parte permettono di guadagnare tempo, dall’altra ne fagocitano tanto. Il gran numero di servizi offerti da questi strumenti induce a farne un uso sempre maggiore, e nei fatti il tempo risparmiato rischia di essere speso sul medesimo mezzo. Così, ammettiamo pure che abbiate risparmiato il tempo di un viaggio andata-ritorno alla stazione acquistando un biglietto ferroviario in rete, o che abbiate risparmiato parecchi minuti consultando on line il vostro conto bancario inveve di recarvi in banca. Supponiamo che abbiate guadagnato 90 minuti. Ma se poi avete trascorso un periodo di tempo abbastanza lungo, se non addirittura più lungo, a sbirciare le pagine Facebook dei vostri amici o a twittare su qualunque argomento, avete davvero guadagnato tempo?
Solo dieci anni fa, parlare di questa caratteristica alimentava molte reazioni ostili, ma oggi tutti sono consapevoli che il tempo che i bambini dedicano ai videogiochi, e quello che gli adulti passano al cellulare non è polemica ma vita quotidiana. Ma l’aspetto cronofago è solo uno dei cambiamenti legati alle nuove tecnologie. Il rapporto di immediatezza stabilito tra il soggetto e la macchina ha ricadute più vaste di quanto si potesse immaginare fino a pochissimo tempo fa. Sempre più spesso gli psicologi devono confrontarsi con problemi legati a disturbi dell’attenzione e della memoria. L’informazione non è più memorizzata, ma immagazzinata in un supporto digitale. In altre parole, non si memorizza più, si salva. La dimenticanza o la perdita di supporto digitale viene vissuta in maniera drammatica. Tutti abbiamo udito o pronunciato una frase che ormai non stupisce più: “Ho perso tutti i miei contatti”.
La conseguenza di tutto ciò è il mutamento del rapporto con il tempo: quello che in passato veniva dedicato a memorizzare un’informazione è impiegato ora per ottonere altre informazioni. Per esempio, il tempo della rilettura per verificare l’ortografia non fa più appello alla memoria: è ridotto, e non viene usato per riflettere sull’ortografia corretta, ma per scegliere le alternative proposte dal correttore ortografico, in una pratica che limita la sollecitazione, e dunque la stimolazione, della memoria semantica e lessicale. Per capire meglio questa osservazione, ricordiamo l’esperienza della calcolatrice e della sua diffusione. Secondo tutti gli insegnanti, il calcolo mentale ha conosciuto una netta regrssione con la diffusione capillare della calcolatrice, perchè la facoltà di calcolo è sollecitata sempre meno. L’aspetto paradossale di una constatazione come questa è che tutto ciò avviene proprio quando negli studi neuropsicologici si afferma come la memoria sia una facoltà che deve essere allenata in modo quasi permanente, e nel momento in cui il mercato offre macchine e dispositivi per allenare la memoria.
Altri problemi emersi riguardano l’attenzione. Si evidenzia innanzitutto come lo schermo del computer eserciti una forza ipnotica nei bambini e negli adulti. Questa tendenza è stata messa in evidenza già a proposito dello schermo televisivo, molto prima che si parlasse di monitor e di videogiochi. Ma se guardando lo schermo della televisione la persona è semplicemente uno spettatore, di fronte agli schermi dei computer o davanti ai videogiochi cessa di essere soltanto questo: diviene attore, e la sollecitazione delle risorse attenzionali si decuplica. I nostri sensi sono investiti da un grande numero di stimoli visivi, uditivi e persino tattili. La nostra sollecitazione attenzionale non ha tregua, e soprattutto ci abituiamo ad essere stimolati artificialmente. In questo modo, però, in mancanza di questa iperstimolazione, come quando si deve porre attenzione alla lezione dell’insegnante a scuola, non riusciamo a mantenerla e ci troviamo in difficoltà, costringendoci ad un enorme sforzo: la concentrazione deve essere notevole, anche se gli stimoli sono poveri rispetto a quelli dei videogiochi. Insomma, come nel caso della memoria, anche l’attenzione richiede allenamento, e quando è abituata alla semplicità si impigrisce.